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Zu-GA-Caduff-Antike-Sintflutsagen

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GIAN ANDREA CADUFF, Antike Sintflutsagen (Hypomnemata – Untersuchungen zur Antike und zu ihrem Nachleben 82). Göttingen 1986, pp. 308.

Aus: Zeitschrift für Religions- und Geistesgeschichte 39 (1987), pp. 285-86.

[285]  C.s. Arbeit nähert sich dem Sintflutgedanken im Rahmen des jeweiligen mythologischen Kosmos, mithin als bildhafter Äußerung einer bestimmten Weltsicht; bewußt vermeidet er historisierende Interpretationen im Sinne eines Reflexes faßbarer Ereignisse aus der Urzeit. Sein reicher Quellenteil (S. 16-72) wie dessen eingehende Analyse (S. 73-199) richten sich in erster Linie aus an der Gestalt des Flutheros sowie an den systematisierenden Einbettungen des Flutmotivs in Philosophie, Astrologie und Geschichtsschreibung; einzelne Flutberichte, Götterstreit als mythischer Ausgangspunkt und aitiologische sowie topische Verwendungen runden die ausführlichen Sammlungen ab.

Gemeinsam ist den Flutheroen, daß jeweils verschiedene Lokaltraditionen Anspruch auf sie erheben: Deukalion lassen die ältesten Zeugen Hesiod und Pindar nach seiner Rettung in die lokrische Nachbarschaft des Parnaß gelangen, während genealogische Bestrebungen im Sinne einer „Hellenentheorie“ ihn nach Thessalien (Hellanikos) und Dodona (Aristoteles) übertragen: nach seiner Verknüpfung mit Hellen, dem Stammvater, bzw. Hellas als Stammland der Hellenen ,wandert‘ Deukalion in dem Maße, wie deren Lokalisierung strittig wird, und ermöglicht einzelnen Regionen und Dynastien die Anbindung an das „panhellenische Stemma“. Beeinflussung durch die ältere orientalische Tradition, möglicherweise parallel zur Übernahme hethitischer Mythen seit der dorischen Wanderung – eine literarische Vermittlung ist erst mit Berossos von Babylon um 300 v. Chr. denkbar – , steht für C. außer Zweifel, wenngleich eine direkte Vorlage nicht nachzuweisen ist (S. 132).

Umstrittener ist eine eigenständige Flutsage um Dardanos, den Stammvater des trojanischen Herrschergeschlechtes, und Samothrake (Lykophron; Dionys von Halikarnaß nennt Arkadien als Ausgangspunkt); schon der älteste Zeuge Platon ordnet sie zeitlich der deukalionischen Flut bei.

Philosophisch steht der Flutgedanke innerhalb einer Entwicklung ,vom Feuchten zum Trockenen‘ (Anaximander, Xenophanes), erhält andererseits als Pendant zum Weltenbrand (Philólaos, Lukrez) bzw. zur stoischen Ekpýrōsis (Diogenes von Babylon) mit der periodischen Abfolge epochenstiftende Wirkung und bildet im ,Großen Jahr‘, einem sich zyklisch wiederholenden Zusammentreffen der Planeten in einem Sternzeichen, den ,kosmischen Winter‘ (Aristoteles). Die zeitliche Reihung einzelner Fluttraditionen in den Chroniken nimmt der Katastrophe ihre urzeitliche Einmaligkeit und macht sie zum historisch faßbaren Ereignis; so kennen späte griechische Vorstellungen eine Folge von ogygischer, deukalionischer und dardanischer Flut, während in der christlichen Chronographie die biblische Sintflut allen vorausgeht. Als (lokale) Kulturentstehungsschwelle dient eine Flut dem Geschichtsabriß des Zenon von Rhodos, während der Kataklysmós Deukalions im platonischen Timaios im Sinne einer ,Überlieferungsgrenze‘ den Bruch im griechischen Geschichtsbewußtsein markiert; mit diesem „ältesten geschichtlichen Bezugspunkt“ (C. S. 184) abgestimmt und somit eine Konstruktion der Chronographie (seit Kastor von Rhodos) scheint die jüngste, ebenfalls nachplatonische Fluttradition um den Titanen Ogygos: Varro setzt ihn als König von Theben um 2100 v. Chr. an, christliche Autoren synchronisieren die ogygische Flut in Attika (u. a. Clemens von Alexandria) mit dem Auszug der Israeliten aus Ägypten (lulius Africanus). Eine nichtsystematisierte Eigenbezeugung findet sich freilich nicht.

Durchaus einleuchtende, jedoch stets behutsam vorgetragene theologische Folgerungen zieht C. im dritten Abschnitt „Interpretationen“ (S. 200-81): die
[286]  Aufhebung der kosmischen Ordnung und ihre Rückversetzung in den ungeordneten vormaligen Urzustand entzieht sich in den ursprünglichen Flutüberlieferungen der Frage nach der Theodizee gemäß menschlichem Schuld-Sühne-Denken. Symbol für die Schwelle zum Neubeginn nach der Katastrophe wird im orientalischen Bereich „das Opfer (des geretteten Helden) auf dem Berge“, im abendländischen die Rolle des Heros als Kulturstifter (← Prometheus). Dieser erfüllt quasi ein Aussetzungs- (vergleichbar einem Sündenbock-) oder Erlösungsopfer- Ritual: die großen Sintflutgestalten des Orients (Utnapištim, Xisuthros, Atrahasis, Gilgameš) verlassen im Zuge der Flut das Diesseits, um, da (vorgeblich persönlich) dem höchsten Gotte (Enlil) verhaßt geworden, durch diesen (im Ritus fest verankerten) Akt dessen Zorn von den Menschen zu nehmen und die kosmische Harmonie (zwischen Ober- u. Unterwelt) zugunsten ihres Geschlechtes wiederherzustellen.

Mit (in Gestalt des Flutheros) überstandener Sintflut ist der Mensch „als fester Teil der Schöpfung anerkannt“ (C. S. 276); und so findet neben dem Gefühl der „eigenen Existenzberechtigung“ das allmähliche Aufkommen einer Sinnfrage an das Handeln der Götter „ein Stück weit“ (C. S. 281) Ausdruck auch in den Traditionen von der Großen Flut.

                                                                                                 MICHAEL P. SCHMUDE

Da: Rivista di Storia e Letteratura religiosa 24 (1988), pp. 347-50.

[347] Il racconto del diluvio universale, che si abbatte sulla terra con gli effetti di una catastrofe e distrugge ogni forma di vita su di essa facendo sopravvivere solamente un resto privilegiato, da cui prende inizio una nuova era, e, nelle sue molteplici forme, il più familiare alla maggior parte dei cicli leggendari popolari. Il lavoro di Caduff (originariamente una dissertazione presentata a Zurigo con W. Burkert nel 1978) si avvicina alle tradizioni letterarie dell‘ Occidente e alla cultura dell’Antico Oriente, distaccandosi volutamente dalle interpretazioni storicizzanti ehe leggono il racconto del diluvio come riflesso di un fatto realmente accaduto in tempi antichissimi; egli lo interpreta invece come elemento, da un lato, del cosmo mitologico di quei tempi e perciò espressione immaginosa di una ben precisa visione del mondo, dall‘ altro considerando il modo in cui viene a strutturarsi nel rito (pp. 11-13).

Per classificare (pp. 16-72) ed analizzare (pp. 73-199) il ricco materiale delle fonti, Caduff utilizza come punto di riferimento innanzitutto la figura dell‘ „eroe del diluvio“, in primo luogo Deucalione, poi Dardano e (ormai in via di sistemazione) Ogige, il loro collegamento con diverse tradizioni locali e, nel contempo, l’inserimento del motivo del diluvio nella filosofia, nell‘ astrologia e nei racconti storici; singoli racconti di diluvio, lotte di dei come mitici punti di partenza e loro utilizzazione a scopo sia eziologico sia topico completano le ampie raccolte.

La versione più diffusa dei racconti del diluvio e collegata al nome di Deucalione e trova la sua rappresentazione più nota nella „Vulgata di età imperiale“ nel primo libro delle Metamorfosi di Ovidio (160-415 passim); nonostante il racconto particolarmente dettagliato delle varie fasi, questa tradizione offre pochi elementi concreti; Deucalione non è niente di più di una sigla (Caduff p. 73), una semplice indicazione geografica del Parnaso (in Focide), intesa non come determinazione del luogo della catastrofe. In base ad altre fonti risulta chiaro ehe non si può parlare né di una tradizione del diluvio relativa alla Grecia in generale, né di un‘ idea originaria del diluvio che interessa tutto il mondo (che corrisponderebbe ad un‘ immagine di stampo Orientale).

Le testimonianze piu antiche e sicure (Esiodo fr. 234 M-W e Pindaro, Ol. IX, 41-56) collocano il materiale riguardante Deucalione in territorio locrico intorno al Parnaso, a cui l’eroe del diluvio, dopo la sua salvezza, sarebbe arrivato (collegamenti con Delfi „che si trova sull‘ altro lato“ di questo centro originario del racconto greco del diluvio si basano su fonti più recenti, Caduff pp. 77 e 122). D‘ altra parte – come Caduff riesce a mettere in luce – non si può prescindere da considerazioni relative al problema genealogico, nel senso di una „teoria degli Elleni“, che spostano Deucalione in Tessaglia (Ellanico, FGrHist. 4 F 6 ab e 117)  [348]  e lo collegano ad Elleno, padre originario dei Greci ehe là aveva le sue radici e lo fanno diventare suo figlio (Ps. Apollodoro, Bibl. T 49). La medesima tendenza, il collegamento cioè di Deucalione con la terra che generalmente si considera originaria degli Elleni, comporta anche il suo collegamento con la città di Dodona nella Grecia nord-occidentale (Aristot. Meteor. 352 ab); una volta presupposto il collegamento con Elleno, vale a dire con la regione dell‘ Ellade (originariamente tessalica, cfr. Hom. Il. II 683 e altrove), Deucalione „vaga“ nella misura in cui diventa incerta la localizzazione dell’Ellade; lo spostamento in Epiro, nei Nostoi omerici con la figura di Neottolemo, rende possibile la genealogia molossa che là ha le sue radici (cfr. Pind. Nem. IX 37-40) e il collegamento con lo „stemma panellenico“ (Caduff p. 106). La fuga di Deucalione ad Atene (Marm. Par., FGrHist. 239 A 2/4 per l‘ anno 1528/7) e l’attribuzione di Anfizione come figlio e fratello (più giovane) di Elleno (Ps. Apollod. Bibl. I 49; ma cfr. ib. III 187 e FGrHist. 239 A 5 f.) sulla base di un confronto con le liste dei re di Atene (← Ellanico) favoriscono l’incorporazione di una genealogia panellenica (Caduff pp. 108 s.). Le testimonianze più recenti sui santuari di Zeus Olimpio in Atene (cfr. FGrHist. 239 A 4; Caduff pp. 111-13) e di Zeus Afesio in Argo (Arriano, FGrHist. 156 F 16) richiamano a loro volta (con giuste riserve da parte di Caduff p. 114) la tradizione di Dodona (cfr. Delfi).

Per quanto riguarda l‘ influsso che la tradizione Orientale esercitò sul mito di Deucalione – accanto al racconto noachico di Genesi ( VI 5 – IX 17; testimonianze per una equiparazione di Noè e Deucalione si trovano nella letteratura cristiana delle origini, in particolare gnostica in Caduff pp. 31-35) – ci si rifà al racconto sumerico conservatoci solo in frammenti e alle due epopee accadiche su Atraasi e Gilgameš; varianti locali collegano Deucalione al santuardo della dea Syria a Gerapoli (D. – Sisytheos in Luciano, Syr. D. 12 f.) e all‘ eroe frigio del diluvio Priaso (Nonno Dionys. 13, 520-44). Già Esiodo mostra di conoscere alcune tradizioni orientali, ma solo con i Babyloniaka di Beroso (FGrHist. 680 F 4, intorno al 300 d. C ), si può pensare ad un tramite letterario (mito di Xisuthros/Ziusudra; Caduff pp. 123s). Sebbene non sia possibile dimostrare l‘ esistenza di un modello Orientale diretto per il materiale relative a Deucalione, non si può mettere in dubbio la sua dipendenza da tradizioni molto più antiche (vale a dire sumeriche), formatesi con ogni probabilità parallelamente all‘ assunzione di miti ittiti a partire dalle migrazioni doriche (Caduff pp. 129-132).

Dati questi presupposti un racconto del diluvio indipendente relativo a Dardano, il padre originario della stirpe regia troiana (Hom. Il. XX 214 ff.), e alla Samotracia è discutibile; come fonte principale (e quindi relativamente tarda) Caduff indica qui (p. 39s./136) l‘ Alexandra di Licofrone e gli scolii da essa dipendenti (Joh. Tzetzes). Caduff, piuttosto, mostra che già nelle più antica testimonianza di Platone non avevano avuto esito i tentativi di sincronizzazione con il diluvio di Deucalione – e tanto meno lo avrebbero potuto avere nella cronologia più tarda –; e così anche il collegamento di Dardano con la Samotracia – da cui egli si dice sia fuggito quando il diluvio si abbattè sulla Troade d‘ Asia Minore (p. 134) – dipende da fonti che, sebbene antiche, sono però secondarie (Hes. fr. 117 M-W; Ps. Apollod. Bibl. III 138). La testimonianza di Diodoro (Bibl. hist. V 47, 2-48, 3) rispecchia il carattere chiaramente locale di una tradizione samotracica del diluvio (per di più anteriore a Dardano) che per nessun aspetto avrebbe già avuto la sua fissazione nel rito (Caduff p. 141).  [349]  L‘ Arcadia come punto di partenza per un racconto di Dardano e già nota a Dionigi di Alicarnasso (Ant. Rom. I 61, 1-3).

Della presenza dei motivi del diluvio universale nella filosofia di ambito sapienziale (pp. 142-146), nell‘ astronomia (pp. 146-153) e nella storia (pp. 154 ss.), trattati in seguito da Caduff, non possiamo qui che parlare a grandi linee: le testimonianze filosofiche descrivono la catastrofe del diluvio da un lato nel corso del suo sviluppo „dalle acque all‘ asciutto“ (Anaximand. VS 12, A 11, 1; Xenophan. VS 21, A 33, 5/6) dall‘ altro in collegamento con l‘ incendio del mondo (Philolaos VS 44, A 18; cfr. Lucr. rer. nat. V 392.98/ 411-15); con ciò la ciclità produce effetti che danno vita ad un‘ epoca, sia in un cosmo che rimane sempre uno (Aristotele), sia in un cosmo continuamente soggetto a nuova nascita (VS così più volte, Caduff p. 146). Immagini che mettono in collegamento il cosiddetto „grande anno“ – un incontro di pianeti in una determinata combinazione degli astri che si ripete ad intervalli di tempo (di durata variabile) – con catastrofi del mondo che si verificano ciclicamente, rispecchiano soprattutto le affermazioni di Aristotele (Meteor. 352 a; cfr. Censorin., dies nat. 18, 11) e la sua equiparazione del cataclisma all‘ „inverno“ cosmico; lo stesso dicasi per l‘ indicazione dell‘ ekpýrōsis (Stoa; Diog. Babylon.), come “estate“ in Beroso di Babilonia (FGrHist. 680 F 21) (che sembra poi essere in debito in misura di gran lunga maggiore all‘ astrologia orientale, Caduff p. 153). Con il contemporaneo allinearsi di singole tradizioni sul diluvio nelle cronache (in parte, a dire il vero, assai recenti), la catastrofe perde il carattere di avvenimento unico relative alle origini del mondo e si avvia a diventare fatto storicamente determinabile (cfr. Caduff p. 154s.); immagini greche spiegano i riferimenti pur tardi nello scolio a Platone di Tim. 22 a e nei Dionysiaka di Nonno (III 200-19) come un susseguirsi di diluvi ogigici, deucalionici e dardanici. Davanti a tutti sta il diluvio biblico in Agostino {de civ. D. XVIII 8, che si richiama ai cronografi cristiani). Anche nel compendio storico di Zenone di Rodi (FGrHist. 523 F 1 = Caduff pp. 53-55) troviamo dopo il diluvio universale come inizio di una nuova cultura (locale) (Telchini-Eliade) il cataclisma (Deucalione) che segna un‘ epoca storicizzata (rottura nella coscienza storica greca, vd. anche Plat. Tim. 22 a-c; cfr. Caduff p. 157s.).

Indizi per la più recente tradizione, senza dubbio postplatonica (Tim. 23 b) relativa ad un eroe del diluvio, la ritroviamo in Castore di Rodi (FGrHist. 250 F 1/9), che parla del re dei Titani Ogige, e in Varrone (Caduff p. 45s.) che lo indica (de re rust. 3, 1 / 2 f.) come costruttore e re di Tebe (già prima del diluvio!) consentendo così di fissare un limite temporale intorno al 2100 a. C. Autori cristiani, soprattutto Taziano (or. ad Graec. 39) e Clemente Alessandrino (Strom. I 21: 102, 5 – 103, 1) localizzano il diluvio ogigico in Attica (cfr. Thallos, FGrHist. 256 F 2) e lo sincronizzano (lulius Afric. in Eus. Praep. Ev. X 10, 7-22 passim; in proposito Caduff p. 167s.) con l‘ uscita degli Israeliti dall‘ Egitto. Tuttavia il diluvio ogigico non vive di vita propria (almeno non sistematizzata) (Caduff p. 180) e al suo „eroe“ mancano le caratteristiche tipiche di un Deucalione o di un Dardano (in particolare quella di fondatore di una nuova cultura); senza perciò mettere in dubbio qualsivoglia collegamento con il nucleo genuino del racconto, Caduff (p. 185s.) ritiene che le tradizioni del diluvio relative a Ogige siano una costruzione della cronografia a partire da Castore, che si accorda con l‘ inizio di una „nuova tradizione“ (come punto di riferimento storico più antico, Caduff p. 184) platonica (Tim. 22 a).

[350] Nel terzo capitolo „Interpretazioni“ (pp. 200-281) Caduff espone le proprie conclusioni di carattere teologico che, seppur presentate con somma prudenza, sono sempre pienamente convincenti: nelle tradizioni dell‘ Asia Minore (Enuma Eliš → Genesis), in quelle del restante Oriente (Gilgameš e altri) come pure in quelle greche, lo scoppio del diluvio universale viene per lo più spiegato come sconvolgimento dell‘ ordine cosmico e suo ritorno alle stato originario già senza ordine, come strumento di potere quasi esclusivamente nelle mani di un dio supremo (senza che questi possa tuttavia realizzare completamente il suo piano, Caduff p. 205). Nelle tradizioni del diluvio originarie non si trova invece alcun cenno a questioni relative alla teodicea: la catastrofe avviene per volere di Dio e si sottrae ad un‘ idea di colpa-peccato secondo categorie umane (Caduff p. 216); tutt‘ al più è vista come „giusta“ la salvezza dell‘ eroe del diluvio (Ziusudra-Atrahasis-Utnapištim) – Noè e „il male dell‘ umanità del racconto biblico starmo qui in un contesto più evoluto (cfr. Caduff p. 213s.). Come segno distintivo per la fissazione del nuovo inizio dopo il diluvio universale Caduff pone in primo piano in ambito orientale „la vittima (dell‘ eroe salvato) sulla montagna“ (p. 217-224), in ambito occidentale il ruolo dell‘ eroe come fondatore della nuova cultura (← Prometeo; nessun contrasto con il tempo precedente, Caduff p. 237) (pp. 225-239): proprio sotto l‘ aspetto del nuovo inizio il motivo del diluvio nelle sue varie accezioni e secondo l‘ impronta locale dei racconti del diluvio può servire come Aition per le azioni rituali (Caduff pp. 239-258): usanze collegate alle Antesterie ateniesi (in collegamento con i cosiddetti Hydrophoria, Caduff p. 214s.) così come nelle „rappresentazioni del diluvio universale“ di Gerapoli (Caduff p. 249, 251ss.) consentono qui i più ampi paralleli. Per la sorte dell‘ eroe del diluvio, che sopravvive in un Larnax (forziere-Deucalione) oppure in un Askos (pelle di animale – Dardano), Caduff (pp. 258-274) avanza l‘ idea di un rituale di esposizione — nel senso di un capro espiatorio, vale a dire di vittima salvifica, una funzione che lo innalza in una posizione di superiorità, ma anche di isolamento di fronte al suo prossimo; come Pharmakoi i grandi personaggi del diluvio dell‘ Oriente (Utnapištim, Xisuthros, Atrahasis, Gilgameš), odiati personalmente dal dio supremo (Enlil), abbandonano, durante il diluvio, il mondo terreno, per poter, attraverso questo atto (fortemente ancorato al rito), stornare dall‘ umanità l‘ ira del dio. Come „saggi“, (← terra dai due fiumi, v. l‘ assira Adapa; Caduff p. 268ss.) ristabiliscono così a favore del proprio genere un‘ armonia cosmica turbata (tra mondo superiore e mondo inferiore).

L’uomo, con il superamento del diluvio universale (nella figura dell‘ eroe del diluvio), è riconosciuto „come parte stabile della creazione“ (Caduff p. 276). Nell‘ aver vissuto un‘ esperienza di terrore e persino di morte, l‘ umanità diventa consapevole della sua capacità di autoaffermazione e con ciò di una certa autonomia (Caduff p. 278s.); accanto alla percezione del proprio diritto all‘ esistenza il graduale interrogarsi sul perché gli dei agiscano in un determinato modo, trova espressione, per un certo lasso di tempo (Caduff p. 281), anche nelle tradizioni del grande diluvio.

                                                                                                   MICHAEL P. SCHMUDE